Editorial – Floria G. (VJO Editor)
Quando si realizza un sito web ci si trova spesso a ragionare utilizzando termini un po’ abusati come usability, con delle nuove figure professionali dai nomi accattivanti come web designer, web-architect, web-master etc…
L’usability, tradotta in italiano come usabilità, è il grado di fruibilità di un servizio. Nel caso di un sito Internet con contenuti scientifici come il VJO tale termine può essere ricondotto al grado di leggibilità. Tutti noi intuitivamente sappiamo cosa significhi leggibilità: è la condizione per la quale un testo è facilmente leggibile, comprensibile, tuttavia essendo la scrittura legata al mezzo che la ospita dobbiamo oggi anche considerare una leggibilità visiva che tenga conto del fatto che il monitor del PC non è molto adatto alla lettura. Molti colleghi preferiscono stampare gli articoli pubblicati in rete, si calcola infatti che la lettura su di un monitor tradizionale (non lcd) sia più lenta di un 25-30% rispetto a quella su carta. Di ciò è necessario tener conto nella stesura dei contenuti per Internet. L’altro aspetto della leggibilità riguarda quella che potremmo definire la leggibilità linguistica che differisce per nazione e che riguarda la scelta dei termini, la sintassi e l’articolazione dei contenuti. Anche il miglior lavoro scientifico può risultare di difficile comprensione o interpretazione se mal composto e descritto.
Negli Stati Uniti esiste il “Plan Language Act”……
Sleep Apnea Syndrome in età pediatrica: inquadramento diagnostico e proposte terapeutiche
Cozza P.
Polimeni A.
Ballanti F.
Abstract: Gli obiettivi del nostro lavoro sono stati: individuare le caratteristiche morfostrutturali del bambino affetto da OSAS e proporre per i piccoli pazienti, tre dispositivi ortodontici idonei e tollerabili a lungo termine, che racchiudessero le peculiarità del TRD e del MAD. L’analisi cefalometrica ha rivelato nel gruppo OSAS una tendenza significativa verso la seconda classe scheletrica associata ad una riduzione della distanza intermolare superiore ed inferiore. I tre dispositivi ortodontici da noi progettati, mostrano oltre ad riduzione del numero di apnee notturne, un miglioramento della II Classe dentale e scheletrica e una buona compliance.
La biocompatibilità dei materiali ortodontici: revisione della letteratura (prima parte)
Defraia E.
Marinelli A.
Mannori G.
Abstract: Una corretta terapia ortodontica non può prescindere dalla precisa conoscenza da parte del clinico della biocompatibilità dei materiali che compongono le apparecchiature. L’ortodontista infatti deve essere pienamente consapevole delle reazioni avverse che possono essere evocate dai materiali da lui utilizzati, per poter essere in grado di attuare nei loro confronti un’opportuna opera di prevenzione e, quando necessario, di intercettamento. Tali reazioni sono in parte poco conosciute, soprattutto per quanto concerne i materiali di più recente introduzione nella pratica ortodontica e non ancora passati attraverso un’esperienza clinica prolungata. In questo studio viene condotta una rassegna della letteratura relativa alle reazioni di incompatibilità nei confronti dei materiali ortodontici. Fra questi viene riservata un’attenzione particolare alle leghe metalliche per la possibilità che esse inducano reazioni di ipersensibilità nei confronti del nichel, un componente comunemente aggiunto ai composti metallici in qualità di antiossidante. L’insorgenza di reazioni avverse ai materiali per ortodonzia è risultata molto rara, consistendo di un totale di soli 23 casi riportati dalla letteratura. Di questi, 21 erano relativi a reazioni allergiche nei confronti degli ioni nichel e cromo presenti all’interno di leghe metalliche. Il rilascio di questi ioni, con il conseguente rischio di sensibilizzazione allergica, è risultato essere dipendere da tre fattori principali costituiti da: composizione elementare della lega, finitura superficiale della superficie metallica e omogeneità strutturale dell’apparecchiatura ortodontica finita. Un appropriato controllo di questi tre fattori, da mettere in atto durante il processo di produzione industriale dei materiali ma anche da parte dell’ortodontista in corso di applicazione clinica, rappresenta il modo più idoneo ad evitare l’insorgenza di reazioni avverse.
The Beauty of Homo sapiens sapiens: standard canons, ethnical, geometrical and morphological facial biotypes. (first part) (English – Italian – Spanish)
Perseo G.
Abstract: Universal Beauty canons for “Europíde” faces have been collected in some books and interspersed in a very large number of international publications. I will discuss them all by realistic images of two famous supermodels of opposite sex selected according to meticulous ethnic-geometrical criteria. We will point out together the positive aspects of such canons but also their evident limits. The ratios of the visages represented here agree with those of the Beauty canons resulting from long and expensive anthropometrical investigations. Such statistical face models had been obtained by measuring the ratios of hundreds of individuals who were chosen because of their “attractiveness”. Operators could take advantage of such models if they would represent appropriate guidelines for their regularly observed patients’ facial types. International canons are actually a satisfactory reference for some facial types but also an approximation restricted within the limits of the Europíde ethnical-looks of the oval face. The lower third of the face is, however, transversally slenderer than the upper and middle thirds. Not having suitable images with which to describe the canons (although by using my pictures you would get the appropriate indications for their interpretations), many operators refuse to refer to such guidelines; other operators, on the other hand, use them very accurately because they are a result of very scrupulous research. I suppose that the faces selected for these studies had either been only oval-shaped or they consisted of various geometrical forms with the majority being oval/with lower facial third slender than the upper third. If the faces had chosen in relation to the harmony existing between the single facial components and facial geometrical peculiarities, we would have universal models for more facial types today. In future publications I will deal with this aspect finally. Consequently, I will standardize other faces of contemporary supermodels as an ideal reference for the changeable facial types of our patients. The most famous research in this field did not always use elegant and proportionate drawings to illustrate canons for Beauty. The question I asked myself is, “Why would one not describe them (and other typologies) directly on real images taken from fashion magazines? In this work, I will discover a coefficient of sexual dimorphism of 97,5% ± 1 that appears in many facial ratios.